Prodotti tipici delle zone del terremoto 2016. Lo Zafferano.
La pianta Crocus Sativus, originaria dell’Asia Minore, fu impiegata fin dall’antichità per uso tintorio, farmacologico, cosmetico e gastronomico. Le sue proprietà erano note agli Egizi e nella Bibbia viene nominato nel Cantico dei Cantici. Conosciuto anche in India, viene ancora usato dai monaci buddisti per tingere le vesti. I Greci, successivamente i Romani e gli uomini del Medioevo, chiamarono la pianta “croco” (dal greco “krokos”).
Omero lo cita nell’Iliade tra i fiori del letto di nuvole di Zeus. Il medico greco Ippocrate loda le sue facoltà farmacologiche. Il collega Galeno addirittura lo prescrive per tutti i mali. Gli Arabi lo diffusero in occidente. La parola deriva dal persiano “sahafaran”, da “asfar” (giallo), passato nell’arabo “za’faran” e quindi nello spagnolo “azafran”.
In Umbria lo Zafferano è coltivato in alcune zone di cui sono state tramandate notizie e testimonianze fino agli inizi del milleseicento. Cascia e Città della Pieve sono le aree di eccellenza.
Originaria del Mediterraneo orientale, lo zafferano è una piccola bulbosa annuale dai fiori violacei che deve la sua notorietà tanto alle qualità tintorie quanto alle proprietà aromatizzanti e digestive, ampliamente conosciute nel settore alimentare, dei profumi e farmacologico. L’impiego terapeutico della droga è comunque limitato, non solo per il costo oneroso ma soprattutto per la sua tossicità: lo zafferano, infatti, è innocuo solo alle normali dosi alimentari ( si parla di alcuni centigrammi ), motivo per cui il consumo più consueto rimane quello gastronomico.
I fiori vengono raccolti manualmente alla fine di ottobre e solo nelle prime ore del mattino, poiché la luce intensa potrebbe alterare le caratteristiche organolettiche degli stimmi: questi di colore rosso mattone intenso, una volta essiccati possono essere commercializzati solo se rigorosamente integri, a garanzia di autenticità del prodotto.
Fonte: umbriadoc.sviluppaumbria.it