CULTURA

Lo Strippapelle: storia comica della cucina toscana

Storia comica della cucina toscana

 

Firenze, 16 aprile 2020 – “Oh che musica galante fanno gli spiedoni, quando son pien di tordi, salcicce o capponi!” scriveva Piero Aretino, poeta ribelle, cantore della lussuria e cultore della buona tavola. Nelle sue opere, come in quelle di Boccaccio o di Cecco Angiolieri, appare chiaro il nesso tra comicità e gastronomia, un legame antico a cui lo scrittore fiorentino Matteo Cecchi ha dedicato oggi un libro: intitolato Lo strippapelle. Storia comica della cucina toscana (pp. 120, euro 15), è pubblicato da Sarnus nella collana «Toscani super DOC».
Mangiare “a strippapelle” significa ingozzarsi, abbuffarsi fino alla sazietà e magari oltre. I grandi banchetti, con tutti i peccati di gola connessi, hanno un posto d’onore nella letteratura di ogni tempo, specialmente in quella ‘leggera’ o giocosa che in Toscana ha avuto esempi di grande valore. L’autore li ricorda tutti, senza trascurare citazioni e aneddoti, in una galleria che comprende il Burchiello e il Pievano Arlotto, Carlo Collodi, Giulio Piccini (in arte Jarro) e Renato Fucini, ma anche Benigni, Pieraccioni e i celebri burloni protagonisti di Amici miei. Pagina dopo pagina, si succedono prose facete e poesie farsesche, storie di pappe leggendarie e di eroici pappatori, di tavernieri e ubriaconi, di sbornie, scorpacciate, del Bengodi e di Cuccagna, di epiche abbuffate e di ghiottoni da Guinness, di banchetti medievali e conviti medicei, di papi gaudenti e impenitenti crapuloni. Buongustai più o meno famosi, uomini che, come tutti i toscani (forse non proprio tutti) hanno un sogno segreto, e ce lo rivela Girolamo Bargagli nella sua Pellegrina commedia: “stare a tavola almeno quanto si sta a letto: e così partir la vita; la metà in mangiare, e l’altra metà in dormire”.

 

Gherardo Del Lungo (335 1373725)

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Franca Ciari

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