Empoli e la moda nel suo passato recente.
Empolese – Valdelsa: il settore moda
.La loro identità industriale, le origini, raccontate nella guida dell’Empolese Valdelsa.
I prodotti della moda
I prodotti della moda
Il settore della moda rappresenta il gruppo di attività
manifatturiere che ha avuto non solo il maggior risalto
nell’industria locale dagli anni ‘50 fino ad oggi, ma anche
il più incisivo e diffuso impatto sulla nostra cultura sociale.
Il boom di queste attività cominciò, appunto, pochi anni dopo
la fine della ricostruzione post – bellica. Esso si incardinò su
una tradizione artigiano – industriale pre esistente,
nata molti anni prima (la spinta originaria è costituita
dalle commesse militari in occasione della prima guerra
mondiale: cappotti, i famosi trenches, calzature pesanti
e tagli di cuoio per cinture, bisacce, fondine, portamunizioni,
ecc.) e a sua volta pronipote di una inclinazione
manifatturiera favorita, con particolare riguardo a questo
tipo di prodotti, dal plurisecolare passaggio della via Francigena.
Questo modello di industrializzazione ha innanzitutto contato
sull’enorme offerta di lavoro a basso costo fornita dalla massa
di popolazione ex-rurale (giovane e non) in fuga disperata
dallo sfacelo della mezzadria, l’antichissima forma
di conduzione dei fondi agricoli, rimasta in Toscana come
residuo del tardo Medioevo mentre gran parte del resto d’Italia
e d’Europa era già approdata al più moderno bracciantato
capitalistico. Gran parte di questa popolazione era già dotata
di alcuni rudimenti del mestiere (moltissime donne sapevano
cucire, tagliare e tessere; molti uomini sapevano lavorare il
legno, la pelle ed il cuoio), così questo processo di mutamento
è sfociato in un’espansione manifatturiera che in pochi anni
ha portato alla formazione dei famosi distretti industriali
toscani. Contando essenzialmente sulla proliferazione
di piccole e medie imprese e dunque su un numero particolarmente
elevato anche di imprenditori, di artigiani e di loro familiari
non confinati nel lavoro dipendente, nonché sul fatto che la qualità
di quest’ultimo costituiva la risorsa strategica per il successo, questo
modello produttivo trovò immediatamente un clima politico – sindacale
fortemente orientato sia alla distribuzione dei redditi più equa
possibile sia al miglioramento delle strutture pubbliche e private legate
al “welfare”. Tutto ciò è stato alla base dell’altissimo livello
di benessere e di consumi che, fino ai nostri giorni, ha caratterizzato
la Toscana, altre regioni simili del Centro Nord d’Italia e l’Empolese
Valdelsa in particolare. Oggi, questo assetto socioeconomico è entrato
in seria crisi e pare essere destinato storicamente ad un cambiamento
profondo, pressoché inesorabile. Ma quanto ha lasciato ci influenzerà
ancora molto a lungo: nel bene (le riserve di redditi accumulate,
le rendite da pensione, le proprietà d’immobili, ecc.) e nel male
(centinaia di edifici ex-produttivi da riciclare e spesso infiltrati
nel tessuto urbano delle nostre città, una pericolosa tendenza a restare
affezionati a quel mondo e dunque il rischio di esser un po’ “scavalcati
dalla storia”, che avanza galoppando e travolge senza pietà chi
indugia sulla conservazione dell’esistente).
All’inizio degli anni ‘80, questo distretto industriale, pur cominciando
ad essere affiancato ad altre attività del terziario, raggiunse la massima
consistenza, arrivando a contare, nel totale degli 11 Comuni
dell’Empolese Valdelsa, quasi 20.000 addetti: poco meno di 10.000
nella produzione di abbigliamento (una delle maggiori concentrazioni
a scala nazionale e la prima in Toscana!), circa 800 nel tessile, 2.300
nella conceria e pelletteria e 6.500 nelle calzature.
L’abbigliamento vedeva protagonista assoluta la città di Empoli:
vestiario per donna, trenche, shearlings, cappelli, ecc.,
con un ricco corredo di stirerie, plissetterie, ricamifici, bottonifici, ecc.,
e alcune migliaia di lavoranti a domicilio (quasi tutte donne) sparse
in tutta l’area ed in altre parti della Regione.
A distanza, seguiva Castelfiorentino: biancheria intima,
camicetteria… e pure qui tutto il corredo di lavori esterni
ed accessori. Ma è chiaro che una così gigantesca
concentrazione comprendeva appendici importanti anche
nei comuni contermini, la più importante delle quali fu subito
quella di Vinci, attraverso quella frazione di Sovigliana,
contigua all’abitato di Empoli. Il piccolo comparto tessile,
mai decollato verso i livelli stratosferici di una Prato,
ma certo non trascurabile, anche perché in buona parte
costituito da produzione di maglieria, ha il suo nucleo
principale nella zona di Cerreto Guidi.
La conceria ha invece il suo polo produttivo nella vicina
Santa Croce sull’Arno, con due sue importanti estensioni
nel Comune di Fucecchio; ed in quello di San Miniato
(la frazione Ponte a Egola, divenuta ben presto più grande
del suo capoluogo!). Attorno all’attività conciaria,
in connessione all’elevatissima qualità del prodotto finale,
rapidamente famoso in tutto il mondo, sono poi sorte, con
distribuzione territoriale simile e dunque interessando anche
Fucecchio fino addirittura a Cerreto Guidi, molte piccole
aziende di pelletteria: borse di tutti i tipi e destinazioni
funzionali, cinture, portafogli, portachiavi e mille altre
accessori per l’abbigliamento e l’arredo caratterizzate
dall’impiego di bellissimo pellame. Fucecchio è invece
”capitale” indiscussa del calzaturiero: una produzione che,
in molti segmenti, tocca livelli qualitativi di assoluto prestigio
a livello mondiale. Il polo calzaturiero fucecchiese si salda,
senza soluzione di continuità, con quelli di Santa Croce,
Castelfranco di Sotto, Montopoli e Santa Maria a Monte;
ma, in misura meno cospicua, prosegue pure verso est,
in direzione di Cerreto Guidi e con qualche appendice anche
su Empoli e Vinci. Un altro nucleo calzaturiero relativamente
autonomo e di consistenza tutt’altro che trascurabile è invece
localizzato nella zona di Certaldo e San Gimignano.