Antonio Meucci,eclettico inventore del Risorgimento
Il 13 Aprile è l’anniversario di nascita di Antonio Meucci (1808-1889) geniale inventore fiorentino artefice di una rivoluzione tecnologica sensazionale senza precedenti, che ancora oggi può facilitare la simultanea comunicazione fra più persone. Fra le invenzioni che hanno fatto la Storia ottenendo un consenso strepitoso c’è sicuramente il telefono. Dai primordiali apparecchi telefonici ottocenteschi, fino agli attuali portatili, cellulari, smart phone, ed apparecchiature multimediali, questi sistemi di comunicazione tecnologica sono ormai capillarmente diffusi e utilizzati da persone di ogni età e ceto sociale in ogni parte del pianeta. Nella seconda metà dell’Ottocento, l’invenzione del telefono è stata realizzata da Antonio Meucci : un riconoscimento che giunse postumo e che purtroppo è stato assai controverso, perché dopo una tormentatissima vicenda giudiziaria, solo il 2 giugno 2002 il Congresso Usa riconobbe finalmente all’eclettico inventore italiano la realizzazione del telefono che fino ad allora era stata invece attribuita all’americano d’origine scozzese Alexander G. Bell. Antonio Meucci nacque a Firenze il 13 aprile 1808 nel popolare rione di San Frediano, in via dei Serragli 44. Figlio di un impiegato pubblico al servizio del Granducato di Toscana, primogenito di una famiglia di umili condizioni, egli riuscì tuttavia a seguire alcuni corsi gratuitamente all’Accademia fiorentina di Belle Arti dove a quel tempo erano insegnate anche le Scienze applicate dove ebbe modo di acquisire utili nozioni di chimica e di fisica meccanica, oltre all’acustica ed elettrologia, discipline che in seguito seppe utilizzare al meglio per le sue invenzioni di marchingegni telefonici. Dopo aver svolto variegate esperienze lavorative, dapprima al servizio del Granduca, A. Meucci fu anche doganiere alla Porta S. Niccolò e alla Porta S. Gallo a Firenze. Successivamente, lavorò al Teatro del Giglio e poi al Teatro della Pergola dove ottenne il beneficio di poter alloggiare gratuitamente in una stanza presso lo stesso teatro, sede in cui egli realizzò il suo primo rudimentale telefono costruito artigianalmente che permetteva in quello specifico contesto di far comunicare palcoscenico con il piano dei ballatori (tali cimeli sono ancora oggi conservati dallo stesso Teatro fiorentino della Pergola). In quello stesso periodo A. Meucci simpatizzò per gli ideali risorgimentali ostili al Granduca e partecipando attivamente ad alcune cospirazioni patriottiche fu perseguitato e scelse quindi d’emigrare all’estero: dapprima a Cuba (1835-1850) e poi a Long Island (1850-1889) non lungi da New York, dove visse fino alla sua morte sopraggiunta all’età di 81 anni in condizioni di miseria e dimenticato da tutti. In America egli si era dedicato a varie attività: come imprenditore aprì una fabbrica di candele di paraffina da lui stesso ideate, location dove per anni offrì impiego a Giuseppe Garibaldi e ad altri suoi connazionali. Fra le varie sue attività, Meucci aprì anche una birreria, una fabbrica di pianoforti ed altre varie imprese commerciali. Nel contempo, era anche dedito alla costruzione di vari altri prototipi di telefono ma non disponendo dei soldi necessari a depositare suoi brevetti d’inventore fu purtroppo depredato della sua idea da Alexander Graham Bell (1837-1922) che nel 1877 fondò la prima compagnia telefonica al mondo guadagnando con ciò enormi capitali. Amareggiato perchè incompreso dai suoi contemporanei, A. Meucci aveva scritto anche una lettera, inoltrata nel 1880, al periodico l’Eco d’Italia dove, proclamandosi primo inventore di questo istrumento, denunciava “riguardo a come si usurpino le invenzioni o fatiche degli italiani in questa parte d’America”.
Cristina Fontanelli