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Agli Uffizi Il codice Leicester di Leonardo da Vinci

Il celebre manoscritto di Leonardo da Vinci, conosciuto fino agli anni Ottanta come “codice Hammer” è esposto nell’aula Magliabechiana dal 30 ottobre 2018 fino al 20 gennaio 2019, come anteprima delle celebrazioni leonardiane per i 500 anni dalla morte del genio

“L’acqua vetturale della natura” scrive Leonardo da Vinci in quel Codice Leicester che dal 30 ottobre al 20 gennaio è esposto nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi. Ossia afferma che è proprio l’acqua a svolgere ed aver svolto da sempre la funzione di motore vero e proprio dell’evoluzione del pianeta.
Tutto il manoscritto, 36 fogli, 72 pagine, è fitto di appunti, riflessioni, teorie e straordinari disegni per illustrarci i concetti esposti, e la protagonista indiscussa del prezioso testo, acquistato nel 1994 da Bill Gates, è l’acqua. Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci a Firenze è anteprima di assoluta grandezza delle celebrazioni leonardiane che si svolgeranno in tutto il mondo nel 2019 in occasione dei 500 anni dalla morte (2 maggio del 1519) di una delle figure-icona della storia dell’umanità.

La mostra, L’acqua microscopio della natura. Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci, a cura di Paolo Galluzzi, è frutto di oltre due anni di preparazione, e presenta eccezionali apparati tecnologici per poter consultare il codice così come numerosi altri preziosi fogli vinciani, e non solo.
Un progetto delle Gallerie degli Uffizi e del Museo Galileo realizzato col determinante contributo di Fondazione CR Firenze.
La mostra si avvale inoltre del patrocinio e del contributo del Comitato Nazionale per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci.

“L’esposizione del Codice Leicester di Leonardo, insieme ad altri preziosissimi disegni e scritti del genio di Vinci – afferma Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi – dimostra il nostro impegno nel rendere accessibili tematiche molto complesse della ricerca scientifica, e nel contestualizzare episodi fondamentali di storia della scienza in una prospettiva del tutto contemporanea” e ricorda che “al visitatore degli Uffizi è data inoltre l’opportunità, – unica e straordinaria – di mettere in rapporto uno dei caposaldi della trattatistica di Leonardo con la sua attività pittorica, nuovamente allestita nella sala che gli è stata dedicata alle Gallerie”

“Il Codice Leicester – dichiara il direttore del Museo Galileo Paolo Galluzzi – frutto dell’ormai acquisita maturità come artista raffinatissimo, penetrante osservatore della natura, ingegnere capace di concepire progetti di straordinario ardimento e interprete originale dei fenomeni più significativi del macrocosmo e del microcosmo, offre una visione intrigante della vastità inaudita degli orizzonti esplorati dalla mente di Leonardo. Una mente protesa a raccogliere le sfide più complesse e a mettere in discussione le conclusioni stabilite dagli autori più accreditati della tradizione. Compilato nella fase più creativa della propria esistenza, nel cuore di una Firenze allora vera e propria ‘Scuola del Mondo’, il prezioso manoscritto documenta l’ossessione conoscitiva di Leonardo per l’elemento acqua, per i suoi movimenti vorticosi, per la forza plasmatrice e la potenza distruttrice che la caratterizzano. Con continui rimandi a Firenze, al suo impianto urbano e al suo fiume, risorsa e al tempo stesso minaccia per le comunità che ne popolano le rive. La mostra invita a compiere un viaggio in un tempo di visioni ardimentose, di progetti avveniristici, di manifestazioni del pensiero di inarrivabile genialità”.
Leonardo scrisse il Codice in gran parte tra il 1504 e il 1508: una stagione davvero magica della storia di Firenze, con la presenza contemporanea in città di grandissimi personaggi delle lettere, delle arti e delle scienze, che Benvenuto Cellini battezzò, genialmente, “La Scuola del Mondo”.
Per Leonardo, furono anni di intensa attività artistica e scientifica. In quel periodo effettuava infatti studi di anatomia nell’Ospedale di Santa Maria Nuova, cercava di mettere l’uomo in condizione di volare, era impegnato nell’impresa, poi non condotta a termine, della pittura murale raffigurante la Battaglia di Anghiari a Palazzo Vecchio, e studiava soluzioni avveniristiche per rendere l’Arno navigabile da Firenze al mare.

Il percorso espositivo comincia con una serie di teche, sotto un pannello che pone la domanda se il da Vinci fosse “Uomo sanza lettere”. I volumi esposti dimostrano viceversa che era un lettore attento: Leonardo, ormai cinquantenne, conosceva fra i greci Platone, Aristotele, Strabone, Archimede, fra gli autori latini e medievali Frontino, Alberto Magno, Alberto di Sassonia, ma anche Dante Alighieri, Ristoro d’Arezzo e Cecco d’Ascoli.
Alla fine del percorso, viene proiettato un video di circa 8 minuti, in italiano e in inglese, nel quale sono messe insieme le sue teorie sul ruolo dell’acqua nell’evoluzione del pianeta dalla preistoria ai tempi suoi.
Oltre alle teche che espongono le pagine originali dei Codici ed altri manoscritti preziosissimi prestati, per l’occasione da altre prestigiose istituzioni, grandi pannelli e schermi digitali narrano, anche con animazioni, del volo degli uccelli, dello scorrere dell’acqua dei fiumi e del moto ondoso dai mari, degli effetti delle maree, della luna, delle gocce d’acqua e delle bolle di sapone, del principio della costanza di flusso uguale sia nella confluenza di due fiumi che nell’organizzazione e funzionamento della circolazione sanguigna nell’uomo, del progetto avveniristico del canale navigabile sull’Arno da Firenze al mare, delle macchine per realizzarlo, per azionare una grande gru, per misurare le grandi distanze sul terreno.
Particolarmente suggestiva, nell’allestimento, è la proiezione sul pavimento del cadere di gocce d’acqua e dello scorrere dei ruscelli: il visitatore prova quasi l’effetto di immergervi i piedi, come il Cristo e il Battista che affondano nel fiume Giordano fino alle caviglie nel Battesimo di Cristo dipinto da Leonardo insieme al maestro Verrocchio ed esposto, nella nuova sala dedicata al da Vinci, solo due piani sopra, agli Uffizi.

Alessandro Lazzeri

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