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“Umanizzare le cure” anche in terapia intensiva: da 1 anno è attivo al San Giuseppe di Empoli il sostegno psicologico per pazienti ricoverati e le loro famiglie

“Umanizzare le cure” anche in terapia intensiva: da 1 anno è attivo al San Giuseppe di Empoli  il sostegno psicologico per pazienti ricoverati e le loro famiglie

 


Empoli– Avviato da un anno il progetto sperimentale di supporto psicologico per i pazienti e i loro familiari, ricoverati all’interno del reparto di terapia intensiva di Empoli, diretto dal dottor Rosario Spina. Il percorso è il frutto di una collaborazione tra la terapia intensiva empolese e la psicologia clinica ospedaliera, diretta dalla dottoressa Silvia Lapini, e seguito operativamente nel presidio ospedaliero San Giuseppe dalla dottoressa Giuditta Martelli.  

In questo anno gli interventi di matrice psicologica hanno riguardato un numero di pazienti pari al 20% di quelli ricoverati in terapia intensiva che in media raggiungono i 500 ricoveri annuali.

 

Tali interventi sono stati pensati e attuati con tecniche specialistiche quali l’osservazione clinica, il colloquio di sostegno, le tecniche di rilassamento, la ristrutturazione breve e focalizzata, l’intervento sul trauma psicologico attraverso l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (un trattamento psicoterapico che utilizza i movimenti oculari per la rielaborazione delle memorie traumatiche) allo scopo di diminuire l’impatto degli stati emotivi disturbanti, quali ansia e paura. Gli effetti benefici riscontrati nei pazienti sono stati di vario tipo, tra i quali una maggiore percezione di fiducia in se stessi, una riduzione dello stress emotivo, una collaborazione e partecipazione  più attiva alle cure e alla riabilitazione.

 

Alcuni pazienti che usufruiscono di una consulenza psicologica per tutta la durata della degenza si rivelano in grado di adottare in seguito, strategie efficaci per acquisire consapevolezza della propria condizione di salute ed affrontare al meglio la malattia. La durata degli interventi può variare notevolmente in base alla tipologia e alle bisogni individuali.

 

Questo tipo di percorso si inserisce all’interno del concetto, ormai conosciuto, di “Umanizzazione delle cure”,  che ha segnato il passaggio da una medicina basata sul curare solo la malattia e il sintomo ad una medicina basata sul prendersi cura della persona malata.

 

La terapia intensiva di Empoli da anni ha fatto proprio questo paradigma terapeutico, promuovendo in tale ottica:  la possibilità ai familiari di restare in reparto per 12 ore, l’accesso agli animali domestici (pet terapy), il coinvolgimento dei familiari e l’alleanza terapeutica con il caregiver, l’apertura di un ambulatorio medico-infermieristico-psicologico di follow up post dimissione sia per i pazienti che i loro caregiver, la presenza nel team di figure professionali non solo mediche e infermieristiche, tra cui il fisioterapista e lo psicologo.

 

“Sempre più studi ed evidenze cliniche hanno mostrato come sia elevato lo stress fisico e psichico della persona ricoverata in terapia intensiva.  L’esperienza del dolore, dell’immobilità a letto, del tempo che sembra fermarsi, dell’impossibilità di parlare, nonché della deprivazione del sonno  causata dai ritmi di lavoro, dalle luci e dai rumori, allarmi di monitor e ventilatori automatici, costituiscono tutti fattori ad ampio spettro stressogeno- afferma il dottor Rosario Spina- Negli anni l’evoluzione all’interno della stessa medicina ha portato a prendere sempre più in considerazione la soggettività del malato, la sua unicità come persona malata, e la sua dignità. Pertanto abbiamo pensato di sperimentare questo tipo di progetto, come valido supporto ai pazienti e i loro familiari. Sviluppare per il futuro interventi sempre più mirati e appropriati, destinando a questi risorse necessarie e personale specializzato, consentirebbe inoltre di valutare la loro efficacia nel migliorare il recupero e l’outcome psicologico dei pazienti dimessi dalla terapia intensiva.”

 

Il percorso di supporto psicologico coinvolge direttamente anche le famiglie dei pazienti, che diventano bisognosi a loro volta di cura. Gli interventi e le tecniche utilizzate sono finalizzate a promuovere una collaborazione con il personale sanitario, sviluppare strategie di coping, ovvero meccanismi psicologici adattivi funzionali a gestire, tollerare lo stress, la criticità della situazione, ridurre la frequenza e l’intensità di crisi emotive mostrate dai membri della famiglia durante e dopo le visite. Questo serve a favorire una più efficace funzione di sostegno per il paziente.

Attraverso le consulenze anche i familiari hanno modo di parlare di quanto è successo, condividere le loro preoccupazioni ed essere coinvolti nella definizione dei nuovi obiettivi. Agli stessi familiari sono dedicate consulenze dopo le dimissioni del parente attraverso l’ambulatorio medico-infermieristico-psicologico di follow up post dimissioni.

 

Nell’ultimo anno l’intervento psicologico sui familiari ha coinvolto  una percentuale pari al 30% del totale.

 

“Una TI ”aperta” 2.0 offre dunque la possibilità di realizzare nuovi gesti e linguaggi ricchi di umanità nella direzione del prendersi cura dall’inizio alla fine dell’iter diagnostico, dall’accoglienza alle dimissioni, considerando l’utente non come un paziente portatore di una specifica patologia, bensì come individuo unico e insostituibile, portatore di una propria realtà, con i suoi sentimenti, le sue conoscenze, le sue credenze, che richiede attenzione e ascolto rispetto al proprio stato di salute. Ciò comporta l’affermazione della centralità della persona nella sua interezza fisica, psicologica e sociale- sottolinea la dottoressa Giuditta Martelli

 

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Franca Ciari

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