ATTUALITÀ

Indro Montanelli, la lettera aperta di un’insegnante di Fucecchio

Lettera aperta

Mi chiamo Montanelli e sono fucecchiese. E so già che per aver iniziato da qui sarò ancora più attaccabile, perché è chiaro che in questo articolo (ammesso che lo sia) io difenderò Montanelli, il Fucecchiese. La notizia della statua di Indro imbrattata a Milano mi ha profondamente colpito, scosso, ma a scuotermi di più è stata l’ondata social di insulti che l’hanno ricoperto, come se d’un tratto di Montanelli, uno dei più grandi giornalisti del Novecento, fosse rimasto che una manciata di episodi e deprecabili aneddoti di vita coloniale, fascista e antirepubblicana. Dove sono finite le parole, i testi, gli articoli, le rubriche, i gesti di Indro Montanelli? Sotto la vernice rossa, e prima ancora rosa, e forse poi verrà la vernice gialla, verde e anche nera, perché per andare contro Montanelli bisogna essere di tanti colori. Chi lo imbratta di rosa è femminista (io sono donna, faccio della parità dei sessi una battaglia quotidiana, anche e soprattutto fra le mura di casa, perché è da lì che si parte, non dalle statue), chi lo imbratta di rosso è di sinistra (io sono donna e di sinistra, Montanelli era uomo, colonialista, di destra e monarchico, secondo le sue stesse parole), chi lo imbratterà di nero sarà fascista e magari lo imbratterà perché nel 1944 fu condannato a morte per antifascismo (ma non era di destra?) o perché nel 1994 si scontrò con Berlusconi (ma non era di destra?) o perché dette del “babbeo” a Licio Gelli e a quelli che gli andavano dietro (ma non era di destra?). Montanelli era Montanelli, era prima di tutto e soprattutto un intellettuale libero, “senza padrone” e lo fu sempre, dalla gioventù in Eritrea alla vecchiaia milanese. Chi fa di tutto per farselo suo o per aborrirlo sbaglia sistema. Sull’imbrattamento della statua, poi, il problema è differente. Forse prima non era noto che Montanelli fosse stato in Africa e avesse sposato una bambina? Forse lui stesso lo ha mai nascosto? L’odio social, o meglio sociale, nazionalpopolare, la gara, insomma, a chi urla più forte su Facebook “Maledetto stupratore” per quale motivo deve avere un senso? Ci sono dei retroscena della vita montanelliana che non conoscevamo? No. È sempre lui, sempre quello che nel 1969 raccontò la storia della sposa bambina (fortissimo lo scontro con un’attivista che lo accusò in diretta di essere uno stupratore di bambine) e nel 2000 confermò la storia che ormai sapevamo. L’episodio è deprecabile se pensiamo all’età giovanissima della povera Destà, è deprecabile ma un po’ meno disturbante se crediamo alle parole di Montanelli (“In Africa è un’altra cosa, si sposano a 12 anni”), resta comunque uno dei moltissimi episodi della vita del giornalista che non ci piacciono. Da ispanista mi viene da pensare a numerosi esempi simili. Forse ai miei alunni non proporrò più lo studio di Pablo Neruda perché accusato anche lui di stupro di una ragazzina dominicana o perché recentemente è tornata a galla la storia dell’abbandono della figlia affetta da idrocefalia? Pur dando credito a questi fatti, peraltro già noti, uno dei versi più belli della letteratura universale continuerebbe a star lì e a essere uno dei versi più belli della letteratura universale (“Quiero hacer contigo lo que la primavera hace con los cerezos” – “Voglio fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi”). Horacio Quiroga, narratore uruguaiano di inizio Novecento, sposò l’amichetta di una figlia di trent’anni più giovane, eppure Quiroga continua a essere uno dei più grandi scrittori di racconti del Novecento (invece di pensare alla moglie bambina, si potrebbe leggere Il cuscino di piume o La gallina sgozzata). Edgar Allan Poe, maestro di Quiroga e di tanti altri ispanoamericani, sposò una bambina di 13 anni (Virginia, la famosa Virginia). Spostando la questione sulle posizioni scomode e contradittorie di Montanelli, mi viene in mente invece un altro grandissimo intellettuale, un argentino, Jorge Luis Borges, accusato di essere peronista, poi antiperonista, poi sostenitore della Unión Democrática, poi, come Montanelli che pranzò ad Arcore, Borges pranzò con Videla e Pinochet. E quindi fu per sempre il fascista Borges, colui che non prese mai il Nobel perché troppo scomodo. Montanelli era scomodo, perché voleva esserlo, era il sasso nella scarpa di troppe persone. Ed essendolo tuttora lo tingiamo di rosa, rosso, verde, giallo e nero. Faceva discutere da vivo e fa discutere da morto, ma io appoggio l’intellettuale che fu, con la sua lingua fiera e tagliente, e il suo sguardo da Montanelli, da fucecchiese.

Elisa Montanelli

Franca Ciari

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