Una lettera per ricordare la liberazione di Mauthausen
Una lettera per ricordare la liberazione di Mauthausen
Gli studenti della terza media e i ragazzi di #fucecchioèlibera insegnano a non dimenticare
FUCECCHIO, 5 MAGGIO 2020. Ricorre oggi il 75° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Mauthausen. Per la prima volta, dopo tanti anni, gli studenti di Fucecchio, al pari di tutti i loro coetanei europei, non saranno a Mauthausen per prendere parte alla celebrazione. La forzata rinuncia ad un evento che l’amministrazione ha sempre sposato e sostenuto con grande impegno rappresenta un motivo di rimpianto soprattutto per il valore che questo momento rappresenta per le giovani generazioni che ogni anno scoprono in prima persona una delle pagine più tristi della storia e dell’umanità.
Anche quest’anno il Comune di Fucecchio aveva fatto una scelta e un investimento importante per accompagnare 27 studenti in visita ai campi di concentramento. Per una lezione di storia e di vita uniche. Ma l’investimento che negli anni l’amministrazione ha fatto sul tema della memoria, realizzando eventi, coinvolgendo le associazioni, le scuole e i giovani sta dando i suoi frutti. E questi frutti, oggi che siamo impossibilitati a partecipare alle celebrazioni, si vedono ancor più nitidamente. Il gruppo giovanile #Fucecchioèlibera, che raggruppa molti giovani che negli anni si sono recati in vista ai campi di concentramento e che sono impegnati fortemente sui temi della memoria, quest’anno ha collaborato con i 27 studenti della terza media che avrebbero dovuto partecipare al viaggio per condividere il significato profondo di un’esperienza che ci auguriamo sia soltanto rinviata. Ne è nata una bellissima lettera aperta che questi studenti hanno condiviso e che invieranno anche al campo di concentramento di Mauthausen. L’amministrazione comunale ha pubblicato il testo sui propri social (facebook, instagram) e sul sito www.comune.fucecchio.fi.it
Ecco la lettera aperta dei ragazzi delle terze medie:
Ciao a tutti,
siamo i ventisette ragazzi di terza media dell’Istituto Comprensivo Montanelli Petrarca scelti da nove sezioni per partecipare al viaggio ai campi di concentramento.
Anche se questo viaggio è stato annullato a causa dell’emergenza sanitaria, non ci siamo arresi e vogliamo trovare un modo per tener viva la fiamma della memoria.
Quando ci sono stati comunicati i nomi di coloro che erano stati scelti, siamo stati presi da un miscuglio di gioia, curiosità e trepidazione: ci siamo sentiti onorati di poter vedere in prima persona lo scenario di quel massacro. Essere i portavoce per testimoniare quello a cui avremmo assistito ci riempiva di determinazione e orgoglio. Dovevamo solo aspettare l’arrivo di maggio, del giorno della partenza e immaginare quello che ci attendeva.
La nostra mente ha iniziato a lavorare: tutti ci aspettavamo di rimanere colpiti da ciò che avremmo visto; sapevamo che le immagini, i ricordi e le testimonianze non ci avrebbero mai lasciato e, nel profondo, sapevamo anche che essere catapultati in una realtà così fredda, cruda e malvagia ci avrebbe schiacciato, disgustato e fatto perdere fiducia nel genere umano, ma ci saremmo rialzati, più forti, più consapevoli e più fiduciosi, sapendo che dalle nostre mani non sarebbe mai scaturito qualcosa del genere. Spesso la cattiveria umana non è immaginabile. Pensando a ciò che hanno dovuto subire, vivere e affrontare delle semplici persone innocenti per una pazzia, un capriccio terribile, si può solo provare disprezzo verso quelli che hanno preferito considerare diversi gli altri.
Quest’anno abbiamo avuto l’occasione di parlare con il figlio e il fratello di Nedo Nencioni e abbiamo capito cosa si provava a stare nei campi di concentramento. Le loro parole erano dure, nei loro occhi c’era una desolazione che si manifestava con le lacrime. Una cosa che li ferisce molto è che, chi pensa ai campi di concentramento o di sterminio, non sappia che vi furono internate anche persone non ebree: se ci fermiamo a riflettere, hanno ragione, perché nessuno di noi ci ha mai pensato.
La Giornata della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno, giorno in cui, nel 1945, le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Quando la 60esima armata dell’esercito sovietico arrivò al campo principale di Auschwitz, si trovò davanti i circa 9.000 prigionieri, i più deboli e ammalati, che erano stati lasciati indietro perché non in grado di prendere parte alle tristi marce della morte, alle quali, invece, vennero destinati circa 60.000 prigionieri.
Dei 9.000 prigionieri rimasti al campo, circa 600 erano già morti. Le SS riuscirono a eliminare quante più prove possibili dei crimini che avevano commesso facendo esplodere diverse strutture, alcune delle quali contenenti i forni crematori.
La Giornata della Memoria serve anche a ricordare che ogni giorno esistono tante piccole discriminazioni verso chi appare diverso da noi. Spesso noi stessi ne siamo gli autori, senza rendercene conto.
La Giornata della Memoria ci ricorda che verso queste discriminazioni non alziamo abbastanza la voce e che spesso, per comodità e opportunismo, ci nascondiamo in quella che gli storici chiamano “zona grigia”. Si tratta di una zona della mente e del nostro comportamento, a metà tra il bianco e il nero, tra l’innocenza e la colpevolezza, dove ad avere la meglio è l’indifferenza verso chi viene isolato e non accettato.
Quando ci è stato comunicato che non avremmo potuto intraprendere il viaggio, non abbiamo parlato molto, ma dentro di noi sentivamo qualcosa di molto più profondo, la delusione. Quella delusione che è nata dalle ceneri della nostra speranza. Una delusione che si è ampliata con il passare del tempo e con la voglia di vedere con i nostri occhi quei drammatici luoghi per poter tenere viva la memoria.
In compenso, vivendo questa situazione in cui siamo stati costretti a privarci di una parte della nostra libertà a causa del virus, abbiamo sentito sulla nostra pelle un sentimento di impotenza e di rassegnazione verso un qualcosa più grande di noi. La Libertà, quel valore che prima ci sembrava quasi scontato, adesso è diventato il nostro punto di riferimento. Abbiamo capito però l’esigenza di questa decisione, in quanto quello che stiamo vivendo in modo così surreale segnerà per sempre questi anni. Nel nostro cuore manteniamo viva la speranza di affrontare il prossimo anno questo viaggio, che deve ancora insegnarci molto.
Scriviamo questa lettera perché, nonostante l’emergenza, proviamo a immaginare come sarebbe stata quell’esperienza e perché teniamo molto a mantenere vivo in noi e negli altri il ricordo di quello che è accaduto, senza mai dimenticare.
Giovanni, Alessia, Markeljana, Elsa, Jacopo, Margherita, Besiana, Gaia, Cristian, Tommaso, Thomas, Jacopo, Ginevra, Griselt, Margherita, Chiara, Melissa, Caterina, Edoardo, Matteo, Lorenzo, Alice, Leonardo, Giulia, Alice, Francesco e Aurora Sofi
Ufficio Stampa comune di Fucecchio