Bussando alle porte del paradiso
Bussando alle porte del paradiso
Massimo Cecchi
Il vecchio 45 giri di vinile gira sulla puntina con i fruscii della polvere che con il tempo lo rendono sempre più vero.
Nel luglio del 1973 la Columbia Records pubblicava “Knockin’ on Heaven’s Door”, il singolo scritto e cantato da Bob Dylan. Contemporaneamente prendeva forma la Fiorentina del nuovo tecnico proveniente dai successi di Cesena: Luigi Radice, per tutti Gigi.
La campagna acquisti di quell’estate, guidata secondo le nuove esigenze tattiche di Gigi videro partire birillo Andrea Orlandini verso Napoli – cessione che vide una arrabbiata folta delegazione di tifosi ricevuti dal Presidente Ugolini che spiegò la decisione – insieme al gringo Sergio Clerici. Partirono inoltre Nevio Scala verso l’Internazionale, Angelo Benedicto Sormani, Mario Perego e Giuseppe Longoni al Lanerossi Vicenza. Dallo stesso Lane arrivò Walter Speggiorin, dal Brescia Vincenzo Guerini e dalla Ternana Bruno Beatrice. Della Martira dal Viareggio, Angelo Lucetti dal Treviso e i rientri dei prestiti di Roberto Parlanti e Paolino Stanzial completarono la campagna acquisti.
Già in questo primo approccio con la dirigenza, Radice ebbe modo di mostrare la sua personalità, imponendo con decisione certi acquisti e dando il proprio benestare ad alcune dolorose cessioni, leggi Orlandini.
Aveva già in testa tutto Gigi: una difesa fisica e continua – il veto sulla cessione di Giancarlo Galdiolo per il quale il Milan era pronto ad offrire 300 milioni di vecchie lire rientrò in questa logica – due punte di movimento intercambiabili in attacco – a turno Nello Saltutti, Claudio Desolati e Walter Speggiorin – e, infine, un centrocampo dei sogni come non ne abbiamo più visti: Claudio Merlo, Giancarlo De Sisti, Vincenzo Guerini e Giancarlo Antognoni.
La sua, la nostra Fiorentina si sarebbe ispirata al metodo Ajax di Rinus Michels e a quello Feyenoord di Ernst Happel: un vortice – girandola lo chiamava Gigi – di giocatori che a turno si presentavano nella fase offensiva per finalizzare a rete tutta la preparazione fatta di tecnica, intensità, atleticità e tenuta fisica.Dopo la sapiente guida biennale di Nils Liedholm, Firenze vide quindi arrivare questo giovane tecnico rampante, bello, sorridente e sicuro di sé.
La seconda rivoluzione di Radice riguardò i ritiri: sempre sulla scia orange e del Cagliari di Manlio Scopigno, li abolì sin dall’inizio della stagione e neanche le prime naturali difficoltà lo fecero recedere dalla decisione. L’immediata eliminazione dalla Coppa Italia in un girone non certamente irresistibile con Palermo, Verona, Bari e Perugia e quella seguente assai più dolorosa in Coppa U.E.F.A. ad opera dei romeni dell’Università di Craiova, non scalfirono minimamente i suoi programmi.
In campionato due vittorie, una inopinata sconfitta casalinga contro il Foggia di Lauro Toneatto e poi via, a bussare alle porte del Paradiso: vittoria a Torino contro i granata, pareggio a Milano contro il Milan e, a seguire vittoria sull’Internazionale, sul Cagliari dell’altro Gigi nazionale e sulla Juventus. La domenica sera del 27 gennaio 1974, dopo aver battuto a Genova la Sampdoria, la giovane Fiorentina del giovane Radice si trovò a venti punti, seconda in classifica a tre lunghezze dalla Lazio capolista.
Qualche pareggio di troppo e una sconfitta con solito Foggia autentica bestia nera di quella stagione, fecero perdere contatto con la testa della classifica alla fresca Fiorentina che crollò sul finale di stagione con tre sconfitte e soltanto due pareggi nelle ultime cinque gare di campionato. Il quarto posto ipotizzato dallo spregiudicato allenatore viola ad inizio stagione, si trasformò in un sesto posto finale che negò alla Viola anche la qualificazione U.E.F.A. per un solo punto a vantaggio del Torino.
Quando al termine della stagione i dirigenti viola, forse spaventati dalla mediocre ultima parte di campionato, cercarono di imporre la “supervisione” di Nereo Rocco a Gigi Radice, questi non ci pensò neanche trenta secondi e – giustamente – lasciò la panchina viola. Rimase a tutti la delusione di non aver potuto vedere all’opera una squadra tatticamente mista tra il difensivismo di Rocco e l’arrembante attacco di Radice. Sarebbe stato come cenare con cacciucco e contorno di fette di avocado.
Ci sarebbe stato però spazio per un secondo tentativo di bussare alla porte del Paradiso con il buon Gigi Radice in panchina: subentrato al brasiliano Lazaroni la stagione precedente, nell’estate del 1992 partì la grande rivoluzione, Arrivano a Firenze Brian Laudrup, Stefan Effenberg, Fabrizio Di Mauro e Daniele Carnasciali.
Gigi è sempre lui: affascinante esattamente come venti anni prima, deciso, convinto delle sue possibilità e di quelle della sua squadra.
Per incanto riparte lo spettacolo lasciato nel 1974: qualche scossone iniziale – vedi le sette reti del Milan a Firenze – qualche pareggio immeritato – tipo quello di Milano contro l’Internazionale dopo aver dominato l’incontro – e poi una splendida cavalcata compresa, nuovamente, una bella doppietta alla Juventus. Sino alla sera del 15 dicembre con la Fiorentina che pareggia a Parma e si trova seconda in classifica alle spalle dell’inarrivabile Milan.
Accadde poi l’inatteso: la sconfitta interna contro l’Atalanta di Marcello Lippi fa sbroccare il Presidente viola Vittorio Cecchi Gori che, spiazzando tutti, decide di esonerare il tecnico di Cesano Maderno e di caricarsi sulle spalle la responsabilità di una retrocessione stagionale che nemmeno il più pessimista avrebbe previsto.
Delle sue due squadre viola, Bruno Beatrice, Stefano Borgonovo Fiondella, Giancarlo Galdiolo, Emiliano Macchi, Nello Saltutti e Stefano Salvatori vivono già in cielo.
Gigi si appresta a bussare e a ritrovare i suoi ragazzi.
Feels like i’m knockin’ on Heaven’s door
Ufficio Stampa
Foundation for Sports History Museums Museo Fiorentina – Museum of Ancient Football