MOSTRA Vestirsi è facile/Nuove forme radicali: un progetto di Dario Bartolini – Archizoom

MOSTRA
Vestirsi è facile/Nuove forme radicali: un progetto di Dario Bartolini – Archizoom
3 aprile 2025 – 22 maggio 2025
IED Firenze ex Teatro dell’Oriuolo
via dell’Oriuolo 31 – Firenze
FOTO scaricabili da: https://we.tl/t-z4jqLR6W02
Dal 3 aprile fino al 22 maggio IED Firenze presenta all’ex Teatro dell’Oriuolo la mostra “Vestirsi è facile / Nuove forme radicali”: un progetto di Dario Bartolini – Archizoom”.
La mostra è il primo appuntamento di “Campo Aperto”, un programma di iniziative promosso da IED Firenze che apre alla città l’ex Teatro dell’Oriuolo e lo rende spazio pubblico di sconfinamento, dove la scuola sperimenta, le discipline si intrecciano, le pratiche si mescolano e le idee si trasformano in visioni inedite.
Vestirsi è facile / Nuove forme radicali è un progetto che reinterpreta, con uno sguardo contemporaneo, l’eredità visionaria di Vestirsi è facile_Dressing Design, il celebre esperimento firmato da Archizoom (Dario Bartolini, Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello, Lucia Morozzi e Massimo Morozzi). Un’iniziativa che si spinge oltre i confini della moda e del design, trasformando l’architettura del vestito in uno spazio di autoprogettazione, critica e resistenza alle logiche della produzione di massa.
Attraverso un workshop e una mostra guidati da Dario Bartolini – Archizoom, Pino Brugellis e docenti di IED Firenze, il progetto coinvolge studenti di moda, design e comunicazione in un percorso di ricerca sulle radicalità contemporanee. Un viaggio nella prima architettura che abitiamo – l’abito – per sovvertire la sua funzione convenzionale e riscoprirlo come dispositivo espressivo, politico e sociale.
La cultura del progetto degli architetti radicali diventa la chiave per rileggere un momento fondativo delle neoavanguardie fiorentine degli anni ’60 e proiettarlo nel presente. Il dialogo tra i protagonisti della storia recente e una nuova generazione di progettisti spinge oltre i confini disciplinari, intrecciando saperi e metodi diversi, e aprendo nuove prospettive di ricerca ancora inesplorate.
L’intersezione tra ambiti di conoscenza diversi genera forme non riconducibili a un unico punto di vista, ma risultato di un pensiero corale e polifonico, capace di connettere teoria e pratica, memoria storica e visioni future.
La mostra intreccia pezzi storici di Vestirsi è facile con nuove produzioni, componendo una narrazione fluida in cui il passato dialoga con il presente per costruire nuove visioni del futuro. Più che un’esposizione, si tratta di un manifesto di un modello di scuola che, attraverso una conoscenza critica della storia, offre agli studenti strumenti concreti per reinventarla.
L’esperienza didattica si trasforma così in uno spazio di esplorazione libera, dove il pensiero può espandersi senza vincoli, aprendo percorsi inediti. Gli incontri laboratoriali con Dario Bartolini diventano occasioni di sperimentazione collettiva, in cui il progetto si costruisce nel confronto, nella pratica condivisa e nella capacità di dare forma alle idee.
Un campo aperto di forze e tensioni creative, che si nutre della memoria per generare nuove possibilità, rinnovandosi attraverso lo sguardo delle nuove generazioni.
DICHIARAZIONI
Benedetta Lenzi – Direttrice IED Firenze, Artistic Director
“Vestirsi è Facile ci ricorda che il design non nasce per chiudere forme, ma per aprire possibilità. È prima di tutto un gesto quotidiano, collettivo, relazionale: un sapere che cresce nel fare, nell’ascolto e nella relazione con l’altro. In questo senso, educare al design significa coltivare contesti aperti in cui imparare diventa un atto di coabitazione e trasformazione.”.
Dario Bartolini – Archizoom, Curator
“Vestirsi è facile è un progetto di costruzione dell’abito nato in un collettivo di architetti (Archizoom Associati) negli anni 1972 – 73.
Ho introdotto il progetto del 1973 visualizzando un percorso storico che vede la nascita della Metropoli moderna al centro delle nostre visioni giovanili. Il progetto cercava di rompere con le convenzioni e contro il conformismo, ma pur sempre dentro il filone della Storia; la storia del progetto e la storia politica del ‘900. Immagino che simile percorso debba, calato nel tempo attuale, informare anche i nuovi progetti a cui ragazze e ragazzi sono chiamati.
L’esposizione è avvenuta con foto e documenti in cartoncino formato A3, sette abiti, frutto del progetto originale e un video: Vestirsi è facile. Il materiale è circolato tra i ragazzi così che hanno potuto toccare e manipolare. Nessuno smartphone ha distratto la seduta.
È emersa una generale attenzione alle conseguenze ambientali provocate dall’enorme consumo di prodotti di abbigliamento e tessili.
Un gruppo di studenti ha rilevato l’assurdo prevalere del marchio e dell’etichetta sulla qualità del prodotto.
Abbiamo tentato di evidenziare le condizioni intime che ci fanno scegliere un oggetto da indossare; le confessioni di ciascuno hanno portato a riflettere sui bisogni sinceri della persona dimenticando le pressioni del consumo.
Qualcuno ha intravisto in un indumento unico la sintesi di ciò che deve essere un abito: un saio francescano contemporaneo.
Altri hanno elaborato un metodo per riutilizzare abiti o stracci abbandonati e hanno proposto un kit domestico per rigenerare tessuti.
Una sperimentazione aperta, tra discipline diverse, per ri-trovare un senso al vestire. Una sperimentazione anche appassionata nel tentativo di superare il flusso della merce con il piacere della cura di sé e della propria immagine”.
Pino Brugellis, Artistic Director
“Vestirsi è facile/Nuove forme radicali ha impegnato docenti e studenti in un dialogo costante, basato sulla ricerca di risposte a domande mirate a far emergere in questi giovani che, oggi come ieri, reclamano il diritto a un mondo più equo, una forte attenzione critica alla società contemporanea ed un rinnovato spirito di radicalità. Con un approccio aperto e gioioso sono state ripensate nuove necessità: scintille per una nuova rivoluzione gentile?”.
IN MOSTRA
Archizoom, Vestirsi è facile, 7 abiti, 1973
Archizoom, Superonda, Poltronova, 1967
Archizoom, Vestirsi è facile, Video 16mm convertito 15m
Archizoom, Scatola di montaggio, 1973, Fotografia
Archizoom, Schema delle fogge, 1973, disegno
Trittico della pecora, 2025, Fotografia, etichetta, maglione
I brand hanno assunto un ruolo dominante, determinando il valore percepito di un prodotto più della sua qualità o funzionalità. Il lavoro esplora il valore simbolico delle etichette nella moda, denunciandone il loro ruolo rispetto alla materia prima e al design e riflettendo su un sistema in cui il nome spesso sovrasta il prodotto stesso. Il trittico ci interroga sul concetto di autenticità, e ci chiede dove rieda il valore di un indumento, se nella sua qualità o nell’etichetta che lo definisce.
Essentia, 2025, Tuniche modulari, Tela cotone, Cashmere
In un’epoca segnata dall’overproduzione e dalla rapidità delle mode e delle tendenze, serve un approccio radicale all’abbigliamento che si ispiri ad un primitivismo dell’essenzialità della vita dei frati e dei monaci, che portano con sé solo ciò che è realmente necessario. Essentia è un manifesto esistenziale, un abito che custodisce i nostri bisogni primari: un saio modulare contemporaneo, i cui elementi possono essere assemblati con bottoni a pressione, caratterizzato da cinque tasche che simboleggiano aspetti importanti del nostro essere. L’installazione è composta da due tuniche: una, di tela di cotone con tasche ricamate con parole che sintetizzano i bisogni primari; l’altra, di cashmere, che accoglie nelle tasche i corrispettivi oggetti della vita quotidiana. Una terza tunica è stata realizzata per essere indossata durante l’inaugurazione in un momento performativo.
La mattina di cosa ti vesti? 2025 Video
Come si può essere radicali oggi? L’arte e la moda si incontrano in questo video per esplorare un gesto quotidiano dato per scontato ma che, più di quanto immaginiamo, rivela chi siamo: vestirsi. Attraverso una serie di testimonianze diamo voce a persone diverse, ponendo loro una domanda semplice e potente: La mattina di cosa ti vesti? Non è solo una questione di stoffe e colori, di mode o tendenze. È un rituale intimo, un momento di dialogo con sé stessi, in cui ogni scelta racchiude un desiderio, un ricordo, un’appartenenza. Attraverso le voci e i corpi di persone diverse, il video esplora il modo in cui vestirsi diventa specchio dell’essere, un atto di adesione o di ribellione. Ogni risposta svela un frammento di autenticità, ogni scelta racconta una storia di individualità e consapevolezza. Vestirsi può essere un atto radicale, se impariamo ad ascoltare noi stessi. In un mondo che spesso impone modelli preconfezionati, questa opera invita a riflettere sulla moda non come imposizione, ma come possibilità di affermazione personale. E tu, la mattina di cosa ti vesti?
Non stop waste, 2025, Legno, specchi, stracci
Il progetto Non stop waste è un’installazione che esplora il rapporto tra moda e consumo. Si tratta di un parallelepipedo con pareti di specchio, con la parte superiore aperta per permettere ai visitatori di osservarne l’interno. I vestiti al centro attraverso la riflessione danno un effetto di riproduzione infinita, evocando un fiume in continuo movimento. Il flusso ininterrotto di capi rappresenta il consumismo e il suo impatto ambientale. L’opera è stata pensata in relazione alla non stop city di Archizoom del 1971
Trame aperte, 2025, Scampoli, carta adesiva idrosolubile
Questo progetto, una rivisitazione del kit creato dal gruppo Archizoom nel 1972, “Vestirsi è facile”, nasce dall’intenzione di trovare una nuova modalità di utilizzo degli scarti tessili. Recuperati e riproposti in un nuovo formato con l’utilizzo di carta idrosolubile, questi materiali danno vita ad un tessuto nuovo e sempre diverso, che alterna spazi pieni e vuoti. La scelta dei materiali, delle loro forme, del colore dei fili e del tipo di punto riflette le preferenze o le necessità di chi lo crea, permettendo quindi una personalizzazione totale.
Vestirsi è facile/Nuove forme radicali: un progetto di Dario Bartolini – Archizoom
3 aprile 2025 – 22 Maggio 2025
IED ex Teatro dell’Oriuolo
via dell’Oriuolo 31 Firenze
Orario: 9:00 – 18.00 (chiusa sabato e domenica)
Ingresso gratuito
CURATOR Dario Bartolini
ARTISTIC DIRECTION Pino Brugellis, Benedetta Lenzi
PROJECT COORDINATION AND EVENT ORGANIZATION Cecilia Chiarantini, Daria Filardo, Vivetta Ponti
STUDENTS
Camilla Lusiani, Ludovica Pondi, Erisiola Vallaj, David Abraham, Alessandra Franzese, Andrea Franconieri, Matilde Chiocci, Mariasole Proto, Silvia Tagliaferri. Camilla Baldini, Giada Prioretti, Emilia Gori, Lamia Chifa, Edoardo Maria Pasquali Battaglia, Cristian Migliore, Lorenzo Tognaccini, Jacopo Borlone, Alice Pizzo, Margherita Gori, Sara Franceschini, Lucrezia Parolo Moretti, Chiara Bonafè, Alex Nocita, Alissa Sommadossi, Basil Marzi, Giona Vezzali, Eleonora Pupulin, Pablo Peltier, Leonardo Poli, Rotem Mosseri, Sofia Cetoloni, Michele Melis.
EXHIBITION DESIGN Dario Bartolini, Pino Brugellis, Daria Filardo, Cecilia Chiarantini, Vivetta Ponti
Alter Ego s.r.l
PHOTO Cristina Andolcetti
VIDEO Fausto Fabbri
Si ringrazia Poltronova per la fornitura del divano Superond
UFFICIO STAMPA
IED FIRENZE tel +39 05529821 Sara Rosati – sara.rosati@ied.it; Gianluca Danti – g.danti@ied.it
STUDIO MADDALENA TORRICELLI tel 0276280433, Ph 3316215048 studio@maddalenatorricelli.com
Vestirsi è facile. La rivoluzione gentile.
Pino Brugellis
“Vestirsi è facile / Dressing is Easy” rappresenta l’atto finale di Archizoom (Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello, Massimo Morozzi, Lucia Morozzi, Dario Bartolini): il gruppo politicamente più impegnato e rivoluzionario dell’architettura radicale che da lì a pochi mesi si sarebbe sciolto.
Era il 1973 quando alla XV Triennale di Milano, nella sezione “Industrial design” curata da Ettore Sottsass Junior e coordinata da Andrea Branzi, gli Archizoom presentarono il film “Vestirsi è facile / Dressing is Easy”, prodotto dalla Abet Print. Un lavoro di progettazione di abiti ottenibili con quadrati di tessuto, tagli, pieghe e cuciture, pensato per soddisfare le esigenze della produzione industriale, come suggerisce il testo “Vestirsi è facile / Dressing is Easy” pubblicato sul numero 384 della rivista Casabella del dicembre dello stesso anno; in realtà il progetto avrà un esito opposto: quello di valorizzare l’autoproduzione consapevole ed il prodotto artigianale.
Il progetto è chiaramente di Lucia Morozzi e di Dario Bartolini, i così detti giovani del gruppo. L’impronta forte è comunque di Lucia Morozzi, l’unica del gruppo che sapeva cucire. Un progetto dal pragmatismo femminile che rappresenta un cambio di paradigma rispetto al progetto della No-stop City (1970-71) e alla sua idea di Dressing Design.
No-stop City, ispirata dall’utopia quantitativa e dalle teorie operaiste di Mario Tronti e antitesi della città borghese, è la “città senza architettura”, dove la catena di montaggio con il suo effetto di alienazione si estende dalla fabbrica alla città, assumendo dimensioni infinite ed eliminando qualsiasi figurazione gerarchica. Una città che si sviluppa su un piano omogeneo, neutro e misurabile, una griglia indifferenziata infinita dove produzione e consumo, fabbrica e supermercato si combinano indissolubilmente; dominano elementi quantitativi e tecnologici: il benessere calcolabile con l’elettronica, l’aria condizionata, l’illuminazione artificiale, l’ascensore, uno ogni 50 mq. Sulla superficie omogenea degli interni, punteggiata da una regolare maglia di pilastri, gli arredi sono gli unici elementi capaci di dividere e personalizzare gli ambienti privati, dando la possibilità di vivere gli spazi in modo libero e flessibile; una città che vista da dentro è un interno senza fine che si riflette all’infinito, quantità senza limiti e senza qualità. Gli abiti pensati per vivere questi spazi, un pugno nello stomaco al concetto borghese di eleganza, sono fatti di materiali sintetici, prodotti industrialmente, senza taglia e componibili, a partire da un body ed una tuta, e rappresentano il primo livello nella costruzione dell’habitat da parte degli abitanti. La No-stop city con il suo Dressing Design mirava a far emergere le incoerenze della società capitalista, esasperandone le contraddizioni per favorire il conflitto, la lotta sociale e di massa.
“Vestirsi è facile” riprende dalla No-Stop City il concetto di superficie neutra e di griglia quadrata e su questa si fonda: “Si assume come elemento base il quadrato ricavato dalla pezza di stoffa quale primo logico impiego della materia prima. Questo permette di utilizzare senza scarti il materiale, di operare su un elemento geometricamente definito e come tale progettabile, rifiutando qualsiasi operazione imitativa di rilievo antropometrico. Infatti è solo rinunciando ai metodi tradizionali di tipo sartoriale, presenti in larga misura anche nella produzione industriale, che si possono affrontare e utilizzare correttamente le tecnologie e i metodi produttivi, derivando i criteri di progettazione direttamente dalla natura dei processi produttivi. In questo caso la prima operazione fondamentale è quella di considerare il tessuto o la stoffa come nastro continuo a larghezza costante, non un’indefinita superficie sulla quale si ritagliano a caso delle porzioni … Operando con tagli e pieghe elementari su mediane e diagonali si ottiene un sistema limitato di figure complesse che permettono di realizzare elementi semplici e composti. L’assemblaggio è ottenibile con cuciture realizzate in piano da macchine cucitrici o saldatrici eliminando i problemi e le complessità della cucitura curva nello spazio tipica delle produzioni sartoriali” (Vestirsi è facile / Dressing is Easy, Casabella 384, 1973).
Gli abiti autoprodotti di “Vestirsi è facile”, confezionati con grande cura e attenzione al dettaglio, sono realizzati con stoffe della tradizione, come gli abiti tagliati e cuciti da Lucia Morozzi in tessuto Casentino, o talvolta in tessuti poveri, umili, come le stoffe delle divise dei camerieri o i jeans, ibridati e riscattati in creazioni di qualità. Sono abiti unisex, che vanno oltre la distinzione di genere, ispirandosi alle tradizioni orientali dove i vestiti hanno forme indipendenti da quelle del corpo; caratterizzati da raffinate cuciture personalizzabili, propongono un concetto di qualità rinnovato, basto sulla scelta di tessuti in fibre naturali, sulla durata, sull’assenza di scarti nel processo di confezionamento; oggi si potrebbero definire “abiti ecologici”, prodotti che guardano con attenzione e rispetto all’ambiente che ospita l’uomo, fuggendo dalle regole consumistiche dell’usa e getta e da un bisogno di consumo indotto dai media come momento consolatorio in una società alienata.
Un kit, una scatola appositamente disegnata da Dario Bartolini contenente gli strumenti minimi e le istruzioni d’uso, dava la possibilità a chiunque di autoprodursi il proprio abito. “Una scatola di montaggio per uso domestico con quadrati di stoffa, fili colorati, ago e forbici consente di realizzare questi capi attribuendo particolare cura alla funzione decorativa che le cuciture hanno come unico materiale di apporto”.
Diversamente da No-stop City, “Vestirsi è facile” propone una rivoluzione gentile, portando la lotta sul piano della responsabilità individuale, di una moltitudine fatta di singoli individui capaci con i loro comportamenti di determinare un cambiamento culturale, sociale e politico di quella società borghese che ha elevato il consumo ad unica ragione esistenziale.
L’attualità e la ricchezza di questi lavori risiede nel loro essere “opere aperte” di echiana memoria, quindi suscettibili di assumere interpretazioni e significati nuovi senza mai perdere ed esaurire la carica esplosiva e sovversiva originaria, un’espansione continua come il caos delle origini, con effetti che si propagano nel tempo, scintille che attivano nuovi focolai ad anni di distanza, micce per nuovi progetti, fucina per nuove idee, una sorta di inguaribile virus permanente.
Il laboratorio multidisciplinare “Vestirsi è facile | Nuove radicalità”, guidato da Dario Bartolini, ha impegnato docenti e studenti dello IED di Firenze in un dialogo costante, basato sulla ricerca di risposte a domande mirate a far emergere in questi giovani che, oggi come ieri, reclamano il diritto a un mondo più equo, una forte attenzione critica alla società contemporanea ed un rinnovato spirito di radicalità. Che cosa può rappresentare oggi la No-stop City? Qual è l’altra faccia della città della superproduzione e del super-consumo? Che tipo di relazioni si innescano in una società fortemente consumistica? Cosa si intende per ecologia? È possibile superare gerarchie e generi? Qual è il rapporto fra il valore del marchio e quello del prodotto? Gli scarti della produzione industriale possono essere una risorsa? Che cosa vuol dire oggi vestire il proprio corpo? “Vestirsi è facile” può avere ancora un significato?
Domande che sono rappresentative della complessità dell’habitat in cui viviamo ed alle quali gli studenti hanno voluto dare risposte plausibili con espressioni creative fuori dai cliché sociali, indagando nuove forme libere e ibridando tecniche da discipline diverse. Con un approccio aperto e gioioso hanno realizzato stoffe “nuove” da scarti di produzione, vestiti che possono essere composti diversamente a seconda delle situazioni e che diventano strumenti di relazione; proponendo, come nell’originario progetto “Vestirsi è facile”, un modo di vestire costruito sulla sperimentazione individuale e sulla facilità di realizzazione, che consente ad ognuno di esprimere la propria personalità e il proprio modo di essere, senza confini di genere, senza inibizioni, liberi finalmente di rispondere ad una necessità essenziale con unicità e poesia. Scintille per una nuova rivoluzione gentile?
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